Alla conquista del Grand Est – Parte 2
Alla conquista del Grand Est
Seconda Parte
Le piacevoli sorprese, relative al mio viaggio nel Grand Est francese, sono state davvero tante e inaspettate.
Terminato il mio corso di francese a Ceran, in Belgio, i miei genitori sono venuti a prendermi in macchina per proseguire la nostra vacanza francese. La prima tappa della seconda parte del viaggio è stata la città di Metz. Come nel caso di Nancy, non solo non l’avevo mai vista ma, in questo caso, nemmeno l’avevo sentita nominare. E invece è davvero una città piena di fascino. Innanzitutto si trova in una posizione geografica decisamente strategica: situata nel Nord Est della Francia (siamo in Alsazia), la città dista una cinquantina di chilometri sia dalla Germania che dal Lussemburgo. Tanto che dopo la guerra franco-prussiana, Metz diventò – proprio come Strasburgo e Colmar – tedesca. La città sorge dove la Mosella confluisce con il fiume Seille: che fosse una città d’acqua me ne sono reso conto subito, ma anche l’amore per i giardini, che si inseriscono tra gli edifici in modo molto armonico, è subito evidente. Il Giardino dell’Esplanade ne è un esempio bellissimo. Un posto sospeso per passeggiare, per riposarsi o per leggere un libro
Quello che però mi ha sorpreso maggiormente è l’architettura. Metz ha più di tremila anni: fondata dai Celti, vanta un patrimonio artistico che dai Galli arriva fino ai giorni nostri. Non immaginando quanto fosse bella, abbiamo fatto tappa solo due giorni. Troppo pochi: nonostante avessimo “trottato” per la città senza sosta, avremmo avuto bisogno di ben più tempo.
Tra le molte cose da vedere comunque ci è sicuramente la Cattedrale di Sant’Etienne, così imponente e solenne. Una delle maestose cattedrali gotiche di Francia, impressionante per le vetrate che ricoprono 6.500 metri quadrati e rappresentano la “vetreria gotica” più grande d’Europa. Non a caso le è stato regalato l’appellativo di “Lanterne du Bon Dieu”.
Molto bella anche la Basilica di Saint-Pierre-aux-Nonnains, che ha più di 1.500 anni di storia e che oggi è uno spazio culturale, dopo essere stata luogo di culto dal 400 d.C. al XVI secolo, deposito militare dalla metà del XVI al XX secolo e struttura civile dal 1970. Accanto la Cappella dei Templari, costruita fra il 1180 e il 1220, una piccola chiesa ottagonale, fatta edificare dall’Ordine e rappresenta il passaggio tra l’Arte Romanica e l’Arte gotica. Sia la Basilica di Saint Pierre sia la Cappella dei Templari ora fanno parte dell’Arsenal, un meraviglioso luogo dove si fa cultura con sale per concerti, spazi espositivi, sale per eventi.
La ristrutturazione del 1989 è stata condotta a termine dall’architetto Ricardo Bofill, uno dei più grandi rappresentati del postmoderno. Ho potuto ammirare il suo ingegno questa estate a Montpellier, dove fra il 1978 e il 2000 ha realizzato Antigone, il nuovo quartiere della città in stile neoclassico. Qui la metà degli alloggi sono stati concepiti per essere edilizia popolare: un esempio virtuoso di come un grande architetto visionario e il sindaco di allora, il socialista Georges Freche, siano riusciti a realizzare – come li definì Freche –
“Alloggi belli, vicini al centro della città che possono essere abitati da tutti”
A dimostrazione che, se vi è la volontà, l’edilizia popolare può essere anche bella e rispettosa di chi vi abita.
Ma come sempre divago e così sono arrivato Montpellier, bella città che invece si trova a sud. Tornando quindi nel Grand Est e a Metz, posso solo aggiungere che le cose da vedere sono ancora tante e che mi sono ripromesso di tornarci presto per visitarla con più calma. Ma, prima di arrivare alla prossima tappa, mi piace ricordare che a Metz è nato e ha vissuto la sua infanzia il poeta Paul Verlain la cui casa è stata una tappa imperdibile per mia mamma. Passeggiando in Rue de la Chevre, ho poi trovato questa fantastica meridiana che riporta un moto del tutto condivisibile:
“Passante, prenditi il Tempo, altrimenti (il tempo) ti prende”.
Lasciata Metz siamo arrivati a Reims, la città della Francia che assieme a Parigi conosco meglio. Lo scorso anno ci sono stato qualche giorno con i miei genitori, ma quest’estate ho frequentato la Summer School organizzata da Sciences Po e, delle tre settimane di corso, due le abbiamo trascorse lì. Reims, chiamata anche la “Città dei Re”, è il capoluogo morale della regione dello Champagne e, oltre ad essere circondata dai vigneti, è la sede di alcune tra le più importanti Cave del vino con le bollicine. Ma Reims rimane nel cuore soprattutto per la sua Cattedrale. La Francia, oggi la nazione più laica che conosca, ha Cattedrali meravigliose e tra tutte, se devo scegliere quella a me più cara, non ho dubbi essere Notre-Dame di Reims.
Quest’anno, tra le attività extra-scolastiche organizzate da Sciences Po, abbiamo fatto una visita guidata che mi ha permesso di vederla ancora più nel dettaglio. Tra l’altro abbiamo potuto visitare anche le torri, sulle quali fino ad allora non ero mai salito. Una meraviglia! Uno dei massimi esempi dell’architettura gotica in Europa, il luogo dove quasi tutti i Re di Francia sono stati incoronati, partendo da Ugo Capeto nel 987 fino a Carlo X, ultimo re di Francia, incoronato nel 1825. Non vi descrivo la Cattedrale perché non ne sono in grado e sicuramente non riuscirei mai a trasferirvi la maestosità, l’imponenza e la sacralità di quel luogo. Però vi invito davvero a visitarla e poco importa se ci entrerete da laici o da ferventi cattolici perché la sua magnificenza vi catturerà. Noi, per aumentare ulteriormente l’emozione, abbiamo avuto anche la possibilità di essere accompagnati in una visita notturna e l’illuminazione ha reso il tutto ancora più magico.
Due le cose che mi hanno colpito, fra le mille da ammirare: le vetrate di Chagall, che si trovano nella Cappella centrale del deambulatorio e che si inseriscono nel contesto senza creare nessun contrasto, come se ci fossero sempre state, anche se in realtà sono state collocate nel 1974. Si tratta di tre vetrate che rappresentano storie dell’Antico e del Nuovo Testamento e che hanno al centro della narrazione la figura di Gesù. Un’altra grande emozione l’ho provata sul sagrato, davanti all’ingresso della cattedrale, dove una lapide ricorda l’incontro dell’8 luglio 1962 tra il cancelliere tedesco Konrad Adenauer e il presidente francese Charles De Gaulle per siglare la riconciliazione tra Francia e Germania. Un momento solenne tra due Nazioni che, dopo essersi combattute per oltre mille anni e dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, hanno trovato il coraggio per costruire insieme l’Unità dell’Europa.
Sicuramente se siete a Reims, oltre che passeggiare in un centro città davvero piacevole, potete andare a fare un giro per cantine. Una visita guidata vi permetterà di scoprire tutte le particolarità del vino più famoso al mondo. Io ne sapevo davvero poco e, grazie a una visita organizzata alla cantina di Pommery, ho potuto capire ancora di più sulle uve, i vigneti, la vinificazione e l’invecchiamento.
https://www.vrankenpommery.com/visites/
Un mondo che avevo già incontrato lo scorso anno a Epernay, nel viaggio con i miei genitori.
Reims, come tutta quella parte della Francia, ha la fortuna di non essere mai particolarmente calda, un ulteriore valido motivo per visitare il Grand Est. A luglio di quest’anno, quando in Italia il caldo era insopportabile, noi avevamo una decina di gradi in meno. Se però volete stare ancora più al fresco, in città ci sono giardini molto belli dove passare ore piacevoli. Se poi, come me, avete la fortuna di trovarvi lì 14 luglio, data della Festa nazionale francese che commemora la Presa della Bastiglia nel 1789, potrete vedere splendi fuochi d’artificio al Parco Léo Lagrange.
Sono ancora molte le cose che potrei raccontare di Reims, proprio per questo vi dedicherò uno spazio tutto suo. Lasciata la città, la scorsa estate, abbiamo terminato il nostro itinerario nel Grand Est addentrandoci proprio nella campagna dello Champagne, tra vigneti e cantine. Mio padre aveva preso appuntamento con alcuni piccoli produttori, che siamo andati a visitare.
La prima tappa è stata Epernay.
Epernay è una città consacrata allo champagne, visitarla vuol dire farsi una cultura a 360 gradi. In città tutto vi è dedicato e c’è una concentrazione di cantine impressionanti. La strada principale che l’attraversa si chiama ovviamente Avenue Champagne e la soluzione migliore è percorrerla in su e in giù, cambiando lato per vedere tutte le Maison, per lo più iconiche, che si rincorrono una dopo l’altra. Mio padre aveva fissato una visita guidata nella Maison di Moet Chandon: sicuramente non una cantina di nicchia per quanto riguarda la qualità dello champagne, ma fantastica nella comunicazione marketing e quindi molto esplicativa durante la visita. La nostra guida una giovane ragazza italiana, figlia di vignaioli dell’Oltrepò pavese, che era giunta a lavorare alla Maison lasciando i luoghi dove era nata e cresciuta. I suoi racconti sono stati davvero molto didascalici ed esaustivi e ci ha parlato di tutto, partendo dal microclima arrivando allo stoccaggio delle bottiglie.
Prima di iniziare gli appuntamenti fissati nelle piccole cave di nicchia ci siamo recati in pellegrinaggio alla tomba di Dom Pierre Perignon presso l’abbazia di Saint-Pierre d’Hautvillers. La solennità e il raccoglimento non erano quelli con cui ci rechiamo a Lourdes o Mont Saint Michel, ma la gratitudine da parte di mio padre per il monaco benedettino Pierre Perignon era evidente.
Perignon è stato un monaco francese, spesso indicato (anche se non vi sono certezze) come l’inventore dello champagne. Di sicuro nell’Abbazia si occupava delle proprietà terriere, comprese le vigne. La Maison Moet Chandon ha utilizzato il nome del Monaco per una delle sue produzioni di prestigio. La prima raccolta di uve per questo vino è stata nel 1921, ma è stato commercializzato solo nel 1936 dopo la Grande depressione. Quello che lo caratterizza, come tanti altri champagne prestigiosi, è il fatto di essere millesimato (dal francese millésime, cioè annata), termine dato ai vini con le uve raccolte in una stessa annata. Non tutte le vendemmie, ma solo quelle ritenute eccellenti.
Un saluto al monaco ve lo consiglio. Se non per gratitudine, non fosse altro perché i paesi lì attorno – da Chamery a Verzanay passando per Ay – e la loro campagna sono magnifici.
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